Il
governo Kyenge ne studia
una al giorno. Così ha concepito l’ennesima
rapina ai danni dei pensionati italiani, si chiama S.I.A., l’acronimo di Sostegno per
l’Inclusione Attiva. Con il quale il Pd-Pdl-Sel vogliono regalare oltre 7
miliardi di euro agli immigrati sottraendoli dai fondi INPS per le pensioni. L’hanno
presentato ieri a Roma il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Enrico Giovannini e la viceministro Cecilia Guerra, che solo ieri era a
distribuire altre risorse a Rom e Sinti
insieme alla congolese. Il SIA è un contributo economico che verrà
elargito – immaginatevi le file di africani appena sbarcati quando avranno
nozione della cosa – solo ai poveri e dovrebbe ammontare alla differenza tra le loro risorse (attestate dall’ISEE) e
il livello sotto il quale, secondo la legge, si è in una situazione povertà. Quindi,
riepilogando, dovremo pagare il
clandestino o il regolare per la differenza che c’è tra il suo
stipendio – spesso assente almeno ufficialmente – e quello che il governo
ritiene sia quello adeguato. L’idea è
ridicola. Perché la vulgata mediatica dice che l’immigrato è
una ‘risorsa’ e serve all’economia. Ma se così fosse, l’immigrato che vive in
Italia dovrebbe avere un permesso basato sulla capacità di sostenersi, invece
qui, prima si fanno venire, poi li
dobbiamo mantenere noi. Perché in realtà non servono a nulla, tanto meno alla
nostra economia. Il Sia, che a regime dovrebbe costare allo Stato 7 miliardi l’anno, verrebbe pagato
dall’Inps – sottraendo quindi risorse alle pensioni – sotto forma di una carta di debito. Toccherebbe invece ai
Comuni gestire tutta la macchina, prendendo in carico i poveri e avviando i
percorsi di “attivazione sociale” in collaborazione con centri per l’impiego,
scuole, Asl, altre amministrazioni e associazioni di volontariato e patronati
sindacali che già si leccano i baffi per le marchette
da rapinare. Tra i beneficiari ci sarebbero anche gli
immigrati, colpiti dalla crisi economica allo stesso modo, se non in maniera
più grave, degli italiani. “L’accesso alla prestazione a regime – spiega la
relazione – andrebbe condizionato a un periodo minimo di residenza in Italia,
non superiore a due anni. In una fase transitoria si potrebbe limitare
l’accesso a quanto previsto come standard minimo dalle norme e dalla
giurisprudenza comunitaria”, quindi sarebbe necessaria la cosiddetta carta di
soggiorno. Giovannini è un incapace
figlio di Kyenge, ministro di un governo di delinquenti. Mentre
diminuiscono le risorse disponibili, loro ampliano la platea dei beneficiari: folli.
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