lunedì 19 gennaio 2015

IL QUINDICESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI BETTINO CRAXI E IL GIUDIZIO SU NAPOLITANO


Lunedì 19 gennaio ricorre il quindicesimo anniversario della morte di Bettino Craxi uno degli statisti italiani più illuminati e lungimiranti del nostro secolo uno degli interpreti più autentici e coerenti dell’impegno per l’affermazione della modernizzazione del nostro paese, l’interprete più originale ed autorevole, negli ultimi trentasette anni di vita politica italiana. Il ricordo di Craxi accade, quest’anno, nell’attualità delle dimissioni di Napolitano e alla vigilia dell’elezione del suo successore e a me piace riproporre  i commenti, gli appunti le testimonianze di Craxi su Napolitano: “L’on. Napolitano non poteva non avere un ruolo nel sistema di relazioni politiche tra il Pci, il potere sovietico ed i regimi comunisti dell’est, cui era connesso un sistema articolato di finanziamenti illegali di cui i comunisti italiani erano i primi, tra i partiti comunisti e non del mondo, ad avvantaggiarsene” ed ancora “…Per gli incarichi politici che ha rivestito, per le esperienze e le conoscenze che ha accumulato, e d’altro canto certamente non solo lui, non potrebbe senza dubbio non rendere su tutta la materia una preziosa testimonianza. Ricostruire in modo completo, chiaro ed onesto, i termini reali in cui si svolse la lotta politica in Italia e la lotta per il potere, è diventato sempre più necessario, specie di fronte a tante mistificazioni, a tante censure ed anche a tante ingiustizie”. 
Durante il processo Cusani, Bettino Craxi accusa l’allora Presidente della Camera Giorgio Napolitano di aver taciuto sul finanziamento illegale dell’Unione Sovietica verso il PCI. Negli anni ’90, il dossier Mitrokhin ha confermato che, solo nel periodo 1971-1977, il PCI ricevette dall’Unione Sovietica 22 milioni di dollari.
Craxi descriveva  Napolitano, uomo molto attento al sistema della Prima Repubblica, specie coltivando i suoi rapporti con Mosca. “Io credo che in quell’interrogatorio formale, che io condussi davanti al giudice,- dice Antonio Di Pietro- Craxi stesse rivelando fatti veri, perché accusò pure se stesso e poi gli altri di finanziamento illecito dei partiti. Ora delle due l’una: o quei fatti raccontati non avevano rilevanza penale oppure non vedo perché si sia usato il sistema dei due pesi e delle due misure”.


“Sarebbe come credere – disse – che Napolitano, ministro degli Esteri del Pci per tanti anni, che aveva i rapporti con tutte le nomenklature dell’Est a partire da quelle dell’Urss, non si fosse mai accorto del grande traffico che avveniva sotto di lui, tra i vari rappresentanti e amministratori del Pci e i Paesi dell’Est. Cosa non credibile! “.
“Napolitano è il Grandissimo Vecchio che ha esercitato il suo potere con spietata e disastrosa eleganza bolscevica. Ha sospeso la democrazia dal 2011, accettando i diktat tedeschi per il gusto di eliminare Berlusconi, visto come suo opposto antropologico, esistenziale, morale, geografico”- ha affermato Renato Brunetta-. “Credo che da senatore a vita sia pronto a lottare contro di noi fino ai cent`anni e oltre. Confido si sia già prenotato per il discorso celebrativo del centenario della rivoluzione d`ottobre (2017)”. Si prestò a teorizzare l`intervento sovietico a Budapest perché così voleva Togliatti. Votò la radiazione dell`amico Massimo Caprara e degli altri del Manifesto, perché così esigeva il partito. Chiese scusa circa cinquanta anni dopo. Nel frattempo il Pci trasformandosi in Pds-Ds-Pd ha assistito al suo adeguamento progressivo pur rimanendo uguale. In fondo è la prova vivente che il Pd muta le forme esterne e lo stile, ma i comunisti, disposti anche a cambiare nome,  non cambiano l`idea di se stessi come salvatori”.  Chi doveva essere il garante dell`unità della nazione si è dilettato a spaccare, per via di `proposte che non si possono rifiutare`, la coalizione che poteva impedire al Pci-Pd di essere l`unico partito nel novero della dignità democratica (Fini, Tremonti). È stato uno scioglitore di qualsiasi sodalizio gli sembrasse ostacolare la sua persona e il Pd lungo la strada del dominio sull`Italia, costi quel che costi”.
Le idee, il coraggio ed i propositi di Craxi statista e politico ci mancano perché sono oggi di grande attualità e animano un po’ tutte le forze politiche compresa una parte consistente di quelle che lo derisero, lo insultarono e si resero protagoniste, attraverso i metodi che oggi cominciano ad emergere in tutta la loro odiosa evidenza, del suo esilio dopo averlo ingiustamente indicato come l’unico “capro espiatorio” della corruzione politica in Italia.
Quindici anni fa il 19 gennaio il leader del socialismo tricolore moriva ad Hammamet in Tunisia lasciando un vuoto incolmabile fra i riformisti italiani e chiudendo una importante pagina nella storia del riformismo autonomista, dopo Filippo Turati e Giuseppe Saragat. Tutti gli anni ripetiamo, inascoltati che le Regioni, ed i Comuni  dovrebbero rendere adeguato omaggio, ad un grande italiano quale Bettino Craxi è stato contribuendo a ripristinare la verità storica sulla sua vicenda politica ed umana. Dovrebbe essere naturale e doveroso anche per i catto-comunisti che, dopo la caduta del muro di Berlino, dicevano di essersi ravveduti e si richiamavano più volte ai principi del socialismo democratico europeo, del quale Craxi era indubbiamente uno dei più coerenti e moderni interpreti. Ma tutte le volte che vengono proposte di intitolare una via od una piazza a Craxi la risposta della sinistra catto-comunista è sempre la stessa, è stato così anche nella Firenze di Matteo Renzi  leader del Partito Democratico e Presidente del Consiglio. A quindici anni di distanza dalla scomparsa di Craxi in esilio, nonostante qualche volta i commenti della stampa accreditino l’accanimento e la persecuzione che ci fu nei suoi confronti  come una anomalia della vita politica italiana degli ultimi trentasette anni, le istituzioni preferiscono rimuovere con il silenzio la verità storica che si ripropone in maniera sistematica come abitudine della cultura giacobina dei poteri forti, dei comunisti e dei loro eredi: rappresentare l’avversario come un essere malvagio, corrotto ed ingiusto. Fu così per De Gasperi, Scelba, Saragat e Fanfani. E’ stato ed è così, per Silvio Berlusconi La speranza di questo giorno è che prima o poi l’Italia ufficiale dovrà e vorrà ricordare il grande statista nei modi e nelle forme più appropriate.
 Il direttore responsabile Rodolfo Ridolfi

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