Lunedì 19 gennaio ricorre
il quindicesimo anniversario della morte di Bettino Craxi uno degli statisti
italiani più illuminati e lungimiranti del nostro secolo uno degli interpreti
più autentici e coerenti dell’impegno per l’affermazione della modernizzazione
del nostro paese, l’interprete più originale ed autorevole, negli ultimi
trentasette anni di vita politica italiana. Il ricordo di Craxi accade,
quest’anno, nell’attualità delle dimissioni di Napolitano e alla vigilia
dell’elezione del suo successore e a me piace riproporre i commenti, gli
appunti le testimonianze di Craxi su Napolitano: “L’on. Napolitano
non poteva non avere un ruolo nel sistema di relazioni politiche tra il Pci, il
potere sovietico ed i regimi comunisti dell’est, cui era connesso un sistema
articolato di finanziamenti illegali di cui i comunisti italiani erano i primi,
tra i partiti comunisti e non del mondo, ad avvantaggiarsene” ed ancora “…Per
gli incarichi politici che ha rivestito, per le esperienze e le conoscenze che
ha accumulato, e d’altro canto certamente non solo lui, non potrebbe senza
dubbio non rendere su tutta la materia una preziosa testimonianza. Ricostruire
in modo completo, chiaro ed onesto, i termini reali in cui si svolse la lotta
politica in Italia e la lotta per il potere, è diventato sempre più necessario,
specie di fronte a tante mistificazioni, a tante censure ed anche a tante
ingiustizie”.
Durante il processo
Cusani, Bettino Craxi accusa l’allora Presidente della Camera Giorgio
Napolitano di aver taciuto sul finanziamento illegale dell’Unione Sovietica
verso il PCI. Negli anni ’90, il dossier Mitrokhin ha confermato che, solo nel
periodo 1971-1977, il PCI ricevette dall’Unione Sovietica 22 milioni di
dollari.
Craxi descriveva
Napolitano, uomo molto attento al sistema della Prima Repubblica, specie
coltivando i suoi rapporti con Mosca. “Io credo che in quell’interrogatorio
formale, che io condussi davanti al giudice,- dice Antonio Di Pietro-
Craxi stesse rivelando fatti veri, perché accusò pure se stesso e poi gli altri
di finanziamento illecito dei partiti. Ora delle due l’una: o quei fatti
raccontati non avevano rilevanza penale oppure non vedo perché si sia usato il
sistema dei due pesi e delle due misure”.
“Sarebbe come credere –
disse – che Napolitano, ministro degli Esteri del Pci per tanti anni, che aveva
i rapporti con tutte le nomenklature dell’Est a partire da quelle dell’Urss,
non si fosse mai accorto del grande traffico che avveniva sotto di lui, tra i
vari rappresentanti e amministratori del Pci e i Paesi dell’Est. Cosa non
credibile! “.
“Napolitano è il
Grandissimo Vecchio che ha esercitato il suo potere con spietata e disastrosa
eleganza bolscevica. Ha sospeso la democrazia dal 2011, accettando i diktat
tedeschi per il gusto di eliminare Berlusconi, visto come suo opposto
antropologico, esistenziale, morale, geografico”- ha affermato Renato Brunetta-. “Credo che da senatore
a vita sia pronto a lottare contro di noi fino ai cent`anni e oltre. Confido si
sia già prenotato per il discorso celebrativo del centenario della rivoluzione
d`ottobre (2017)”. Si prestò a teorizzare l`intervento sovietico a Budapest
perché così voleva Togliatti. Votò la radiazione dell`amico Massimo Caprara e
degli altri del Manifesto, perché così esigeva il partito. Chiese scusa circa
cinquanta anni dopo. Nel frattempo il Pci trasformandosi in Pds-Ds-Pd ha
assistito al suo adeguamento progressivo pur rimanendo uguale. In fondo è la
prova vivente che il Pd muta le forme esterne e lo stile, ma i comunisti,
disposti anche a cambiare nome, non cambiano l`idea di se stessi come
salvatori”. Chi doveva essere il garante dell`unità della nazione si è
dilettato a spaccare, per via di `proposte che non si possono rifiutare`, la
coalizione che poteva impedire al Pci-Pd di essere l`unico partito nel novero
della dignità democratica (Fini, Tremonti). È stato uno scioglitore di
qualsiasi sodalizio gli sembrasse ostacolare la sua persona e il Pd lungo la
strada del dominio sull`Italia, costi quel che costi”.
Le idee, il coraggio ed i
propositi di Craxi statista e politico ci mancano perché sono oggi di grande
attualità e animano un po’ tutte le forze politiche compresa una parte
consistente di quelle che lo derisero, lo insultarono e si resero protagoniste,
attraverso i metodi che oggi cominciano ad emergere in tutta la loro odiosa
evidenza, del suo esilio dopo averlo ingiustamente indicato come l’unico “capro
espiatorio” della corruzione politica in Italia.
Quindici anni fa il 19
gennaio il leader del socialismo tricolore moriva ad Hammamet in Tunisia
lasciando un vuoto incolmabile fra i riformisti italiani e chiudendo una
importante pagina nella storia del riformismo autonomista, dopo Filippo Turati
e Giuseppe Saragat. Tutti gli anni ripetiamo, inascoltati che le Regioni, ed i
Comuni dovrebbero rendere adeguato omaggio, ad un grande italiano quale
Bettino Craxi è stato contribuendo a ripristinare la verità storica sulla sua
vicenda politica ed umana. Dovrebbe essere naturale e doveroso anche per i
catto-comunisti che, dopo la caduta del muro di Berlino, dicevano di essersi
ravveduti e si richiamavano più volte ai principi del socialismo democratico
europeo, del quale Craxi era indubbiamente uno dei più coerenti e moderni
interpreti. Ma tutte le volte che vengono proposte di intitolare una via od una
piazza a Craxi la risposta della sinistra catto-comunista è sempre la stessa, è
stato così anche nella Firenze di Matteo Renzi leader del Partito
Democratico e Presidente del Consiglio. A quindici anni di distanza dalla
scomparsa di Craxi in esilio, nonostante qualche volta i commenti della stampa
accreditino l’accanimento e la persecuzione che ci fu nei suoi confronti
come una anomalia della vita politica italiana degli ultimi trentasette anni,
le istituzioni preferiscono rimuovere con il silenzio la verità storica che si
ripropone in maniera sistematica come abitudine della cultura giacobina dei
poteri forti, dei comunisti e dei loro eredi: rappresentare l’avversario come
un essere malvagio, corrotto ed ingiusto. Fu così per De Gasperi, Scelba,
Saragat e Fanfani. E’ stato ed è così, per Silvio Berlusconi La speranza di
questo giorno è che prima o poi l’Italia ufficiale dovrà e vorrà ricordare il
grande statista nei modi e nelle forme più appropriate.
Il direttore
responsabile Rodolfo Ridolfi
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