Mentre i cittadini si preparano a subire le conseguenze di una manovra lacrime e sangue, c’è in Sicilia un piccolo esercito bipartisan di 6 parlamentari che ha fatto ricorso alla Corte dei Conti perché non vogliono perdere la pensione da consigliere regionale che è stata loro tolta perché non cumulabile con lo stipendio di parlamentare. Lo scrive Emanuele Lauria su ‘Repubblica’. Un bel coraggio in un momento di crisi economica come questo. Soprattutto perché la pensione da consigliere di cui stiamo parlando si aggira tra i tre e i sei mila euro lordi al mese. Che sommati allo stipendio da parlamentare va a totalizzare, in alcuni casi, la cifra mensile di 20mila euro. La fronda dei sei parlamentari è bipartisan: alla magistratura contabile si sono infatti rivolti l’ex ministro Calogero Mannino (gruppo misto della Camera), i senatori Sebastiano Burgaretta, Giuseppe Firrarello (Pdl), Vladimiro Crisafulli (Pd) e Salvo Fleres (Forza del Sud), il deputato pidiellino Alessandro Pagano. Ma perché fanno ricorso? La manovra, oltre a imporre all’Assemblea regionale siciliana un taglio di 40 scranni (ora in totale sono 90), ha eliminato un privilegio tutto siciliano: la possibilità di cumulare la pensione da consigliere regionale con lo stipendio da deputato o da senatore. Una facoltà che era concessa sino a gennaio a chi aveva svolto il ruolo di consigliere in Sicilia, maturando il diritto al vitalizio prima di essere eletto alla Camera o a Palazzo Madama. Ora questo privilegio è sparito per effetto della manovra. Apriti cielo. Una fronda di sei parlamentari è scesa sul piede di guerra e ha fatto ricorso.
Nessun commento:
Posta un commento