L’entusiasmo della conferenza stampa di Matteo
Renzi del 12 marzo 2014 a Palazzo Chigi è ormai svanito. Così come evoca un
amaro sorriso la frase “L’Italia è già ripartita. Gli italiani vadano in
ferie tranquillamente” pronunciata il 1° agosto 2014 da un Premier che per
il mese successivo prometteva una ripartenza “col botto”. Siamo nel 2015
e ancora nessuna deflagrazione. L’imbroglio sta venendo a galla con tutti i suoi nodi
rappresentati dalle tante, tantissime, promesse non mantenute.
Parliamo di DISOCCUPAZIONE.
A febbraio 2015 rispetto a febbraio 2014, il
numero di disoccupati in Italia è cresciuto di 67.000 unità, e il tasso di
disoccupazione dello
0,2%, fino al 12,7%. Aumento
spaventoso anche della disoccupazione giovanile, che, sempre a febbraio
2015, ha raggiunto il 43,6% (+1,3%
rispetto a gennaio).
I numeri sono numeri: meno 44.000
occupati e 23.000 disoccupati in più in un solo mese.
Eppure il 1° aprile 2014 in visita a Londra,
Matteo Renzi diceva: “Vedrete nei prossimi mesi come il cambiamento nel
mercato del lavoro porterà l’Italia a tornare sotto il 10% nel tasso di
disoccupazione”. È passato esattamente un anno e siamo
ancora
ben lontani da questo mirabolante obiettivo. Era forse un pesce d’aprile?
Parliamo di CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA.
Il governo continua a nascondere il grande
aumento della pressione fiscale contenuto nell’ultima Legge di Stabilità se non si
procede a una seria e strutturata spending review.
Enormi energie sono state spese per pubblicizzare
la diminuzione nominale delle tasse di 18 miliardi nel 2015. Evidentemente non
ne sono avanzate abbastanza (di energie e di soldi) per avvertire gli italiani
che l’attivazione delle clausole di salvaguardia, a causa della mancata
realizzazione delle coperture individuate dal governo, fanno di fatto aumentare
le tasse di:
o 12,4 miliardi nel 2016; o
17,8 miliardi
nel 2017; o 21,4 miliardi nel 2018
per un valore cumulato, in 3 anni, di 51,6
miliardi:
più di 3 punti di Pil. Significa che aumenterà l’Iva fino al 25,5% e che
aumenteranno benzina e accise.
Parliamo di TASSAZIONE SULLA CASA E SUL
RISPARMIO.
L’analisi è presto fatta.
Il gettito derivante dalla tassazione degli
immobili è passato da 9,2 miliardi con Berlusconi nel 2011 (prima casa esente)
a circa 30 miliardi nel 2014 con Renzi: un aumento di oltre 20 miliardi, tutti gravanti sulle
tasche degli italiani.
Mentre il gettito derivante dalla tassazione del
risparmio è passato dai 6 miliardi del 2011 (governo Berlusconi) ai 13,3
miliardi di euro del 2014 (governo Renzi): un aumento di 7,3 miliardi di euro.
Ne deriva un aggravio fiscale su immobili e
risparmi degli italiani pari a quasi 30 miliardi di euro in 3 anni.
Parliamo di FATTURAZIONE ELETTRONICA.
Sull’introduzione dell’obbligo di fatturazione
elettronica per la Pubblica Amministrazione Renzi dà i numeri. Si parla di 1,5 miliardi di
euro di risparmio (che vorrebbe dire 30 euro per ogni fattura, un’enormità), di
9.000 enti della Pubblica Amministrazione centrale e di altri 12.000 enti delle
amministrazioni locali.
Numeri di pura fantasia, visto che fino
ad oggi è stata gestita come un’altra tassa per le imprese, che in media spendono 15
euro per ogni fattura elettronica. Altro che “passaggio epocale”, questa è solo
la prova definitiva della distanza del premier dai piani per l’agenda digitale.
È questo il quadro che è stato dipinto con stile
inconfondibilmente renziano. I numeri imbroglioni del duo Renzi-Padoan
con i quali gli italiani devono fare i conti.
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